Sunday, June 14, 2020

Angela Vettese bocciata, un atto corretto. Malgrado Nicolas Ballario, Pierluigi Panza e gli altri...


>>>caricatura by DSK

La nomina a professore ordinario di Angela Vettese è stata bocciata per la terza volta con motivazioni correttamente argomentate, in quanto non meritevole perché non presenta articoli di fascia A nell'Arte, superficialità e tendenza divulgativa, mancata maturità metodologica. 
Non possiede elevata maturità artistica e appare troppo sbilanciata sul piano delle curatele di mostre e personali di artisti e sulla divulgazione scientifica. 

Il giudizio, ancorché negativo, risulta oltremodo benevolo, tralascia gli aspetti più sconcertanti della figura in questione: la dichiarata strumentalizzazione ideologica dei fenomeni, il conflitto d'interessi conseguente al suo ruolo nel database "Italian Area" (lista di artisti che per anni sono stati "promossi" nelle istituzioni d'arte italiane), gli articoli e saggi in cui lo scrittore Gore Vidal viene etichettato regista, Alberto Arbasino un provinciale ridanciano, i bizzarri spostamenti terminologici e la prospettiva antistorica sono una costante, gli "alzi la mano chi non si è annoiato nei musei di arte antica" si sprecano, il superficiale sensazionalismo giornalistico e la ricerca dell'iperbole vengono utilizzati in funzione dimostrativa come per uno dei suoi artisti preferiti, il performer che defeca in pubblico e si fotografa accoppiato con i cani, presentato quale contributo artistico metafora della sottomissione alle culture dominanti (perfettamente esemplificativo di quell'estetica dello squallore di cui è paladina).

Va detto che Tranqui2 è stato tra i primi a segnalare le tante incongruenze di testi dalle tesi irricevibili anche in un'ottica di semplice giornalismo d'arte divulgativo, quando una schiera di penne compiacenti le attribuiva grandi meriti, al contempo bollando me quale artista inutilmente polemico. Finalmente è arrivata una conferma autorevole alle mie osservazioni, checché ne pensi Riccardo Caldura.

Sono, invece, piuttosto scettico sulla durata di questo vero e proprio atto di giustizia, c'è da chiedersi se le coraggiose e meritevoli commissioni potranno resistere alle pressioni dirette e indirette di un blocco di potere consolidatissimo che allinea, nella stessa posizione conformista, la stampa specializzata, alcuni "colleghi" dell'università, i "no profit" in carriera, certa informazione, istituzioni, fondazioni, premi e quant'altro, marchi della moda inclusi.
Già ora sentiamo lo scomposto strillare di chi, evidentemente, considera risolvibili alcuni sottili snodi teorici propri della disciplina in questione con gli appelli in piazza (si parla di una denuncia al Ministro dell'Università Gaetano Manfredi). Li vediamo additare come sistema obsoleto e insostenibile la scrupolosità accademica che premia il rigore.

L'effetto-piazza? "Meglio mandare i figli all'estero", "La star delle curatrici bocciata", "Una gaffe imbarazzante"... slogan di fantasia poco inerenti al nucleo della questione: le evidenti assurdità presenti nei testi critici dell'autrice. Forse, con un'apparenza di paradosso, si dovrà dire che i commenti delle news sono la risolutiva conferma di quanto rilevato dalla commissione. Il giornalismo scrive sulla cosa piuttosto che analizzare la cosa; il pressappochismo delle varie "guide dell'arte contemporanea" accomuna un intero settore dove risulta assai facile bluffare. Pur di spingere un nome tra i tanti, si vuole disinnescare quel filtro che preserva la ricerca e lo studio dalle spinte di un'attualità contaminata da manipolazioni selvagge, inquinando anche la sfera accademica con il veleno delle volgari approssimazioni sia teoriche che terminologiche, le strategie studiate a tavolino dalle lobby dell'arte contemporanea.

I tre no appaiono un implicito invito a non confondere piani molto distanti, averne data eco nella piazza delle news non fa altro che aggravarne la portata.
Un'ulteriore conferma ce la suggerisce Nicolas Ballario - "Una gaffe imbarazzante" - Il Giornale dell'Arte.
Dire presidente o curatore di questo o quello, dire Parkett, Giornale dell'Arte, Domus, Sole 24 Ore, sigle sinonimi di prestigio ma anche, per l'appunto, di conformismo, non significa affermare certezze assodate. Esistono passaggi successivi di verifica, passaggi che possono riservare molte sorprese.

Nell'intervista di Pierluigi Panza - Corriere della Sera, Vettese ammonisce "Ci proverò nel biennio 2020-2022". In quell'occasione la piazza sarà nuovamente mobilitata?

Auspico davvero che le commissioni non si facciano intimidire da tale cancan e l'inqualificabile strategia denigratoria, letale e senza appello quando rivolta contro noi artisti, trovi questa volta un argine contenitivo. 

La sovraesposizione mediatica

Del resto, la vicenda va inserita in un quadro più ampio, conseguente all'espandersi, negli ultimi decenni, del circuito del contemporaneo in una rete d'incarichi, poltrone e occasioni di carriera prima, e nella divulgazione in ambito mainstream poi. 
I presidenti, i direttori, i curatori, i giornalisti hanno trovato sovraesposizione mediatica in un corridoio preferenziale che dai loro ruoli, già amplificati dalla stampa specializzata, arriva direttamente all'informazione generalista e alle news, ai canali tematici televisivi ecc...
Non si contano le interviste a scadenza settimanale (prive di contraddittorio), i servizi fotografici dei vernissage mondani, i panegirici adulatori, i risibili gossip sui girotondi d'incarichi.
Per ognuno di loro, dopo anni di sovraesposizione mediatica nelle news, scatta una sorta di promozione sul campo per cui, d'improvviso, sentiamo parlare di "celebre critico", "autore della resurrezione del museo", "la star", la curatrice "famosa in tutto il mondo", il "direttore dell'anno", meriti dei quali risulta difficilissimo trovare riscontri oggettivi al di fuori della cerchia del giornalismo che ragiona con il "noi".
Quando, per qualche elemento di pluralismo esterno a quei circuiti, la cortina fumogena si dirada, appare una realtà assai diversa, alquanto chiusa e autoreferenziale.
Non sono quindi le idee innovative a fare notizia, non è il pluralismo di voci molteplici che concorre ad attribuire valore, conta di più la sovraesposizione mediatica  con le sue regole che sono e restano giornalistiche. Avviene che nello svolgersi di una deleteria convenzione che, nel palcoscenico dei media, promuove alcuni esplosi personalismi per gli incarichi che occupano, venga tralasciata alcuna verifica sulla loro approccio teorico, l'habitus che lo sostanzia. 

Be', per essere precisi, quando Ballario scrive "Le pagine che ospitano questa lettera non sono solite usare questo tono, ma questa ingiusta decisione suona come un no, sonoro e oltraggioso, a tutta l’arte contemporanea, è un’umiliazione di un intero settore e non solo la mortificazione della professoressa Vettese", "castigata perché riesce a vendere i suoi libri meglio di quasi tutti i suoi colleghi", ci troviamo esattamente sotto l'ospitale portone che dal corridoio preferenziale immette alla piazza grande delle news. Non è certo il luogo dove fare distinguo e attardarsi in inutili sofismi; Vettese è una della piazza delle news, quindi deve essere promossa (secondo Ballario, Panza e gli altri). Su un punto bisogna convenire con Ballario. La bocciatura potrebbe essere interpretata come indirizzata a quel milieu che, con l'ennesima auto-premiazione sul campo, si definisce arte contemporanea italiana. Attenti, sembra dire la commissione, l'arte italiana va cercata altrove.

Tecniche manipolatorie comuni anche in Adriana Polveroni: "Angela Vettese la conosciamo e l'apprezziamo tutti". Appunto. Possibile che quei tutti non si siano accorti di tante e tante approssimazioni? Come Ballario, sottintende tra le righe che criticare "loro", equivalga a contestare l'arte contemporanea italiana tout court, della quale si sentono, non si sa a che titolo, dei portavoce, con una presunzione patologica non riscontrabile in alcun altro ambito della cultura. L'ennesimo bluff.

Polveroni si spinge oltre, con un'acrobatica giravolta ipotizza un parallelismo tra la bocciatura e "indifferenza verso l’arte e, direi, più o meno tutta la cultura" in Italia. Trucchi di chi strumentalizza a proprio favore i problemi reali di un intero Paese, uno di quei classici articoli in cui contano solo gli argomenti omessi, gretto e ottuso nel classificare un contributo esterno alla "corsia preferenziale giornalistica" quale dato di malcostume. 

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Quindi, ben oltre il "caso bocciatura", possiamo osservare come si vorrebbe che quel corridoio interposto tra giornalismo d'arte e sovraesposizione mediatica esaurisse in sé tutte le posizioni, esautorando sapere accademico, comunità degli artisti, mercato e gallerie, controcultura, subcultura, underground, ricerca teorica.
Si vorrebbe attribuire legittimità accademica a un linguaggio di categorie stereotipate e terminologia incorretta, la loro "koinè", unicamente in virtù della visibilità mediatica che detiene, tuttavia privo di una solida giustificazione teorica.

La psicologia dell'alveare

Il fine ultimo? Quel punto di non ritorno (il preoccupante, corrivo conformismo quasi da tabloid dei commenti sulla vicenda già lo anticipa) in cui risulti professionalmente sconveniente l'esclusione da un blocco unico che non prevede alterità. Chi vi appartiene o vi entra in relazione può esclusivamente apportarvi consenso, approvazione; se dissente o critica sarà giocoforza oggetto di diffamazione, dileggio e censura (pertanto indotto all'autocensura), escluso da quel "noi" che tradotto suona un "se non sei con noi non esisti": la psicologia dell'alveare.

Loro muovono anche il motore dell'omissione e/o della pubblica gogna, loro possono costruire carriere e distruggerle con uno schioccare di dita.

Inoltre il fatto che alcune testate, tra cui Corriere, Giornale dell'Arte ed Exibart, si siano apertamente schierate denota chiaramente uno scontro tra poteri, l'intento della "corsia preferenziale giornalistica" di colonizzare ogni resistenza alla loro influenza. Con loro non ci sarà da discutere di bocciature; sarà sufficiente una telefonata per chiudere la partita. Inammissibile una dialettica di posizioni a confronto in quanto le due posizioni previste sono l'ideologicamente conforme e l'ideologicamente divergente. Una falsa sottomissione dell'estetica all'etica, l'eclissamento della verità artistica. 

L'atteggiamento sprezzante-denigratorio riservato a soggetti indipendenti costituisce parte fondante della loro faziosità nel pensarsi e pensare. Sì, facile affermare Tranqui2 l'aveva previsto, eppure mi era apparso fin da subito chiaro che la prassi della prospettiva antistorica e del paradigma negativo (con i conseguenti spostamenti terminologici) che fa da fulcro d'appoggio alla prosa critica di tanto contemporaneo circense sarebbe prima o poi entrata in aperto conflitto con la metodologia degli storici dell'arte, adottando convenientemente il becero lessico news, di chi "conta e chi no", in nome delle "attualità", su "chi studia l’antico con metodi tradizionali", ancora con la consueta accezione spostata di "tradizionale" propria della loro koiné. Il rappresentarsi vittime di quell'ultimo ambito professionale parzialmente indipendente dal loro strapotere resta l'ennesimo equilibrismo manipolatorio dei baroni dell'arte contemporanea, consapevoli di colpire pubblici ufficiali tenuti a rispettare la consegna del silenzio.

"Volumi di storia dell'arte tendenzialmente divulgativi, ma non tutti ovviamente". Guglielmo Gigliotti sugli scritti dell'autrice. 

Indeterminatezza di scritti che giocano sul tavolo (e i dispositivi) della divulgazione una partita che divulgativa non è.

Di fatto la contestazione diretta alla commissione è esito, per argomenti e toni, di consuetudini che attestano l'aggressività, la protervia delle lobby italiane dell'arte, la loro avversione per gli aspetti non middlebrow, estranei alla scontata medietà divulgativo-giornalistica dei colletti bianchi. Quindi, se da un lato li vediamo ignorare taluni sviluppi pop del linguaggio visivo, dall'altro negano valore, come il caso dimostra, a nuove ipotesi teoriche, alla ricerca accademica, secondo Vettese "un mondo che crede di essere più importante di quello che è, ora conta poco. È abbarbicato a pseudo certezze". 

Perché ci appaiono posizioni, attitudini cosi distanti tra loro? Pesa una chiusura di alcuni ristretti circuiti del contemporaneo, adusi a coltivare atteggiamenti di sfida e polemici verso ogni altra materia e contesti esterni, estranei financo all'autentica critica militante che comunque condivideva con l'artista un percorso anche di vita, esistenziale, azzardava e sistematezzava ipotesi teoriche, mentre l'attuale enfasi attribuita al ruolo del curatore sottintende, prevalentemente, sviluppi per nuclei tematici all'interno di prassi teoriche già acquisite. Chi, come Ballario, presenta codesti "giri" come coincidenti con l'arte contemporanea italiana, opera l'ennesima rozza semplificazione condotta, con l'alibi della divulgazione, sulle pagine della stampa generalista; l'ipotetica utenza di "disinformati" a cui è diretta gli consente di tarare al minimo imparzialità e metodo, resituiendo a un certo pubblico esattamente i pregiudizi che si vuole sentir dire.

Ritenendosi corifei di una verità incontestabile, sorretta dall'alibi del conformismo "internazionale", partecipano ad aree di pensiero omogenee alla propria; cerchio chiuso, piedistallo (ben rappresentato dal throning di CCB) da cui stroncano con dubbi demolitivi ogni altra ipotesi non allineata. È consuetudine, nella cerchia di curatori e contemporaneisti, soprassedere su tante criticità teoriche irrisolte, censurando e ignorando chiunque le sollevi, nondimeno, anche poco al di fuori di quel perimetro chiuso, esse riemergono quali questioni irrecusabili. Percorsi intellettuali decennali costruiti su tali linee non possono prima o poi non condurre a un conflitto aperto. E quando le strategie, dal lobbismo alla promozione giornalistica, dalla strumentalizzazione politica alla giostra degli amici falliscono, scatta un calcolato vittimismo ricattatorio sui mali dell'Italia da pelle d'oca, tanto sprezzante da infangare uno bei beni più preziosi del Paese: l'autentico amore delle italiane e degli italiani per la cultura.

Non c'è da sottovalutare la pericolosità di tali figure: fintanto che restano relegate in alcuni circuiti tutto sommato circoscritti (in cui si legittimano tra loro e nel contempo distruggono la reputazione degli altri screditandoli fino all'ostracismo, esattamente come alcune sette), a pagarne lo scotto sono, prevalentemente, gli artisti e il pubblico dell'arte, ma quando cercano d'imporre il loro fanatismo di pensiero unico all'esterno di essi, rappresentano un rischio di "desertificazione ideologica" per la cultura italiana. 

Segnatamente, riceviamo la conferma di quanto sia importante che l'università mantenga un'autonomia dai condizionamenti diretti e indiretti delle lobby del contemporaneo; chi altri, in una fase di concentrazione di poteri come l'attuale, potrebbe permettersi un giudizio altrettanto anticonformista?

>>>la contesa riappare ciclicamente, con le note modalità: il tentativo di convalidare una koinè interna a un circuito traghettandola all'esterno, grazie a scorciatoie giornalistiche, divulgative e tematiche, attinenti al mainstream, aggirando, eludendo le necessarie verifiche teoriche.

>>>l'equivoco risiede nell'aver conferito a dei divulgatori tematici (con i loro gravami d'ideologia e di adialetticità) il rango di teorici.

>>>post in progress, testo e correzioni in via di stesura




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>>>Angela Vettese, Nicolas Ballario, Pierluigi Panza, caricatura DSK

Caricature of Nicolas Ballario