Saturday, October 11, 2014

Indagine sull'AMACI: perché Ca' Pesaro nell'AMACI?


Cari lettori,
dopo l'inchiesta sul database Italian Area (e l'inquietante sua estensione, il Museo Senza Centro), Tranqui2 prende in esame un'altra realtà del contemporaneo italiano della quale si parla poco: l'AMACI, associazione dei musei d'arte contemporanea italiani.
Tranqui2 se ne occupa anche perché da non molto Ca' Pesaro, la storica istituzione che persino nel sito del Comune viene definita "Galleria Internazionale d'Arte Moderna", è entrata a far parte di quel circuito (vedi il loro sito).

Non si capisce quali siano le ragioni di far rientrare un'istituzione che si occupa di arte moderna (ma sulla pagina dell'AMACI compare addirittura la dicitura "FONDAZIONE MUSEI CIVICI VENEZIA", l'intera MUVE! ) a un circuito nazionale, quello dell'AMACI, completamente diverso per natura, mission, obiettivi. 

Infatti L'AMACI non è una semplice piattaforma di confronto o scambio informazioni, trattasi di vero e proprio organismo strutturato con tanto di presidente, vicepresidente, consiglieri, e caratterizzata in senso conservatore, come presidente troviamo Beatrice Merz, figlia di Mario e Marisa Merz, una figura il cui curriculum come curatrice e critica lo trovate qui http://fondazionemerz.org/beatrice-merz/ 

Mostre temporanee di arte contemporanea oggi si fanno ovunque, incluso lo "Spazio Dom Pérignon", lo spazio del contemporaneo ospitato da Ca' Pesaro, senza per questo far rientrare le istituzioni che le contengono o addirittura la MUVE nella categoria a cui l'arte contemporanea appartiene.
La metodologia critica richiesta dall'arte contemporanea risulta assai diversa da quella specifica di uno storico dell'arte; ma in effetti l'azzeramento di una corretta prospettiva di metodo sembra il vero obiettivo teorico dei corifei del sistema dell'arte contemporanea all'italiana.
Su questo azzeramento già lo statuto dell'AMACI risulta esemplare: la loro specificità "arte contemporanea" diviene in esso per incanto "per promuovere l'arte moderna e contemporanea". Forse vogliono far conoscere Picasso, un perfetto sconosciuto.
Chiaramente è un trucco per riuscire a influire su istituzioni che con l'arte contemporanea non han nulla a che fare.

Resta assai fondato il sospetto (vedendo anche i nomi coinvolti) che si tratti dell'ennesimo tentativo d'impoverire il territorio del Veneziano dei suoi spazi culturali vitali, essenziali allo sviluppo, per innestarli all'influenza di gruppi e organismi istituzionali radicati in associazioni che operano sull'intero territorio nazionale, in una quadro di sottrazione di autonomia, quindi di controllo dall'alto fortemente centralista. Senza dubbio una dinamica utile a certe poltrone ma dalle nefaste conseguenze per lo sviluppo economico e culturale del territorio. Venezia e il suo appeal planetario utilizzati ancora una volta come merce di baratto come se non esprimesse un tessuto culturale e produttivo da tutelare, e avvilita da chi la sfrutta per interessi particolaristici.

Dopo aver posto un cappello all'autonomia delle singole istituzioni d'arte comunali con la creazione della MUVE Fondazione Musei Civici Venezia (in cui i comitati direttivi abbondano allegramente a spese nostre) si è scelto di agganciarla ancora a un'altra struttura gerarchica, questa volta operante su tutto il Paese.
Sommando tutte le piramidi di direttori, presidenti, consigli di amministrazione e consiglieri, comitati scientifici, comitati di direzione, apparati burocratici, ne risulta un parco poltrone tale da poter essere contenuto a fatica anche dal garage di Piazzale Roma. Per attuare qualche mostra d'arte sembra sia necessario un esercito di funzionari, mentre alle categorie produttive è riservata, come sempre, la consueta ingenerosità severissima e tignosa. Chi, in tale cancan di poltrone, tutela il punto di vista e il rispetto della categoria di chi l'arte la fa davvero e la produce, gli artisti? Squallido festival del mandarinato.

Proprio la vicenda Ca' Pesaro - MUVE - AMACI dimostra bene quanto l'AMACI, prima che un'associazione delle istituzioni d'arte contemporanea, sia un gruppo d'influenza che utilizza l'arte contemporanea come passe-partout per inserirsi e avere un peso nelle realtà istituzionali più diverse che con la specificità dell'arte contemporanea non hanno nulla a che fare.

Mentre il sistema del contemporaneo italiano si è nel tempo cristallizzato in formule pubbliche e private gerarchiche, verticistiche, piramidali, e in organismi egualmente strutturati, non ne è seguita un'analisi sulle implicazioni teoriche che tale configurazione comporta, sull'idea di arte contenuta nei loro statuti. 
L'informazione sull'arte è tanta ma poca o nulla la controinformazione e le riviste, invece di osservare e decodificare la fenomenologia che il presente ci offre, sono tutte schierate in difesa della nomenclatura, concentrate esclusivamente sulla lettura dell'opera, incapaci di proporla contestualizzandola in un quadro più ampio.
Per ricorrere a una metafora calcistica: tutti tifano per una squadra, nessuno si preoccupa delle regole del gioco.