Sunday, December 10, 2017

>>>Angela Vettese e l'artista esibizionista: il gusto di chi disprezza gli artisti italiani (su Arte Fiera Bologna)



>>>caricature of Vettese as Pinocchia spitting on Italian artists

>>> Forse condizionata dall'estetica dell'inautentico di cui è una delle italiche promotrici, Vettese rilascia un'ultima intervista (nel suo ruolo di direttrice ARTEFIERA) colpendo verso il basso contro il segmento più debole, gli artisti italiani.

Ogni esternazione di Lady V. va tradotta tenendo conto del suo vocabolario mentale: quando parla di "artisti italiani", lei sta pensando al circolo dei creativi suoi protegé e, infatti, cita la B. che figura nella lista Italian Area.
In quanto al genericissimo "noi siamo classici" mai "convinti fino in fondo" (sempre riferito agli artisti italiani), anche questo punto richiede un chiarimento, soprattutto per chi non conosca i pregiudizi e i dogmatismi del suo percorso. Per i parametri di gusto di Vettese che interpretano il senso del tragico con un sensazionalismo assolutamente gratuito come in quel performer da lei magnificato (ma amatissimo anche da Chiara B.) che per realizzare metafore artistiche rilascia escrementi in pubblico, si fa fotografare accoppiato con i cani e si chiude in gabbia naked, qualsiasi operazione intellettuale non condizionata da una preoccupazione dimostrativa attraverso l'iperbole (in addizione o in sottrazione), qualsiasi opera che presenti un certo grado di raffinatezza intellettuale suggerita e non urlata non viene nemmeno presa in considerazione oppure bollata come "classica" in quanto mancante di eccessi pretestuosi e giullareschi (anche quando vorrebbe proporsi stilisticamente rigorosa). Loro, tale preoccupazione didascalico-dimostrativa, la chiamano thinking art.

Quando V. nel contesto dell'intervista cita la B******* vuole trasferire nell'interlocutore l'implicito messaggio che sia accettabile far collimare la sua scuderia di artisti con l'arte italiana tout court; quando dice "classici" riferendosi alla produzione attuale, intende in realtà spostare la nostra nozione del termine, farci credere cioè  che "essere convinti fino in fondo" sia adeguarsi al suo bad taste.

Dall'intervista di Roberta Scorranese:

È innegabile però che il discorso sull' arte abbia finito per prendere (o quasi) il sopravvento sulle opere e sugli artisti. Forse sono gli stessi creativi che convincono poco, con poetiche deboli? 

«Credo che gli artisti italiani oggi non abbiano ben capito di vivere un momento tragico. In fondo, la famiglia, anche se ammaccata, regge bene come stato sociale; la maggior parte dei giovani, pur se tra mille difficoltà, ha una casa di famiglia e può ancora contare sul sostegno dei genitori. Questo li porta a usare un linguaggio rassicurante, o nel tema o nella forma. Anche quando ci sono esperienze più dirompenti (penso per esempio a Rossella Biscotti che ha realizzato bei lavori come quello sul caso Moro), trovo sempre una componente criptica, come se non si fosse convinti fino in fondo. Diceva un vecchio adagio cinese: Dannato è chi vive un tempo interessante . E questo è un tempo molto interessante. Ma noi siamo classici. Io non amo l' arte dionisiaca, però giro il mondo e vedo esperienze molto più entusiasmanti laddove i problemi enormi (che sono ovunque, lo ripeto, anche da noi) sono percepiti come tali».


Le questioni della terminologia spostata e il metodo antistorico utilizzati da V per descrivere i fenomeni artistici sono messi a fuoco con più precisione nel post recensione del saggio "L'arte contemporanea"edito da Il Mulino.
http://tranqui2.blogspot.it/2013/03/il-saggio-groviera-larte-contemporanea.html